Pino Roveredo aderisce all’iniziativa: «Sono figlio di sordomuti. Con la scrittura ci si può salvare dal disagio»

DAL GAZZETTINO DI Giovedì, 1 Febbraio 2007

Ciechi alla «battaglia della voce»

Contenzioso tra l’Unione ipovedenti e le case editrici. Perchè i libri diventino elettronici

È in corso una battaglia tra ciechi e ipovedenti da una parte e gli editori dall’altra per poter superare la barriera del copyright che garantirebbe a tutti il diritto alla lettura. La battaglia è di quelle tra Davide e il gigante Golia e non è escluso che la tenacia delle persone con gravi problemi alla vista, possa portare sul tappeto i colossi editoriali. Per fare questo sono stati coinvolti autori locali come Pino Roveredo che hanno il dovere se non altro morale di spingere le case editrici a cedere in formato elettronico il libro. In questo modo un programma di sintesi vocale, renderebbe parlato il testo, una barra Braille collegata al pc consentirebbe di leggere il contenuto a chi conosce il codice e, ancora, vi è la possibilità di far registrare il volume in formato mp3. «Per gli editori – spiega Daniela Floriduz, vice presidente dell’Unione italiana ciechi e degli ipovedenti onlus (unica struttura del Friuli Venezia Giulia) e docente al “Majorana” – non sarebbe nemmeno un deficit di mercato, noi siamo una nicchia e poi c’è da dire che il vedente apprezza il libro cartaceo».

Attualmente vi è un unico centro in Italia che gestisce la predisposizione dei testi in formato elettronico e strutturalmente non riesce a coprire le esigenze del mercato della lettura tra chi non ha la possibilità di leggere dalla carta un libro. Ecco, dunque, la necessità di un coinvolgimento degli editori a fare quello sforzo per offrire «un’opportunità enorme di integrazione nel contesto di una comunità per vivere una vita normale» come ha sottolineato il presidente Luciano Missio, presidente dell’Unione italiana ciechi e degli ipovedenti onlus e docente all’istituto “Sarpi” di San Vito al Tagliamento evidenziando che «la lettura non solo consente a chi non vede di riempire il proprio tempo libero, ma è accesso alla cultura, alla formazione, all’informazione».

«Siamo al limite della legalità – ha chiarito Giorgio Piccinin, responsabile della Biblioteca del libro parlato – quando scansioniamo un testo, in quanto prevale il copyright e le ragioni economiche davanti al diritto inalienabile alla lettura. È vero la battaglia è lunga, ma è nostro compito sensibilizzare gli autori affinché gli editori facciano un primo passo». E Pino Roveredo aderendo all’iniziativa si è preso a cuore la questione: «Sono figlio di genitori sordomuti e ho provato sulla mia pelle che ci si può salvare dal disagio con la scrittura».

Se come ha fatto notare il presidente Missio, i non vedenti dalla nascita devono conoscere il Braille, altrimenti saranno degli analfabeti, non sapendo né leggere, né scrivere, per le persone che perdono la vista più in là nel tempo diviene fondamentale la mediazione della voce, possibilmente umana, ed ecco che entra in questione il libro parlato. «Si tratta – ha spiegato Piccinin che ha perso la vista in età matura – di una voce sintetica, un compagno quasi fisico, imprescindibile che ci consente di leggere, scrivere, utilizzare la posta elettronica, fare ricerche. Se perdi la vista in età più avanzata, come nel mio caso, utilizzare il Braille può essere più stancante, in quanto non si acquisisce una certa velocità che permette la lettura fluida».

Per questo è intenzione dell’associazione con sede nella galleria San Marco di rivolgersi con i propri libri parlati ad altre strutture, come le case di riposo. Le difficoltà nella lettura, difatti, non sono solo ad appannaggio di chi non vede bene, ma anche di coloro che dimostrano problemi nel girare le pagine.

Sara Carnelos

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