Quando la cecità è invisibile

Dal periodico del “Creo” (Circolo ricreativo ospedaliero di Pordenone) Numero di Natale 2003.
Quando la cecità è invisibile
“Perché usa quel bastone?”, domanda il bambino alla mamma che lo invita a farsi da parte per lasciar passare il giovane signore che si avvicina. “Non ci vede”, risponde la madre, attenta a non farsi sentire dal giovane signore. Ha ragione: il bastone bianco viene utilizzato in tutto il mondo per simboleggiare la cecità. Pochi sanno, però, che esso facilita anche i movimenti del non vedente: prolungando il suo braccio, infatti, gli permette di esplorare una porzione più ampia dello spazio che gli sta davanti e ciò gli consente di camminare in maniera più spedita, evitando gli ostacoli. Pochi sanno, inoltre, quali sono le norme del codice della strada che regolano il comportamento degli automobilisti alla vista di un bastone bianco o di un cane-guida. In occasione dell’anno europeo delle persone con disabilità, l’Unione Italiana Ciechi di Pordenone, insieme all’ANIOM (Associazione Nazionale Istruttori di Orientamento e Mobilità), all’ACI, all’Associazione di addestramento dei cani-guida Helen Keller stanno organizzando una campagna informativa dal titolo “Ci sono anch’io”. Presso tutte le autoscuole della città, nonché all’interno di banche, stazioni ed uffici pubblici verranno affissi manifesti esplicativi con didascalie essenziali. Lo scopo è anche quello di rendere la nostra città il più possibile “a misura d’uomo”, evitando, ad esempio, di parcheggiare veicoli di vario genere sui marciapiedi o di intralciare con ostacoli di qualsiasi tipo (vasi di fiori, tavolini dei bar) il percorso dei pedoni. Acquisire questo senso civico favorirebbe non soltanto i non vedenti, ma anche gli anziani, le signore con i bambini nei passeggini, coloro che sono temporaneamente infortunati. Si tratta, dunque, di una campagna informativa che coinvolgerà la cittadinanza, prima ancora che le autorità politiche e che prevede anche incontri con gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Se è vero che in non vedenti hanno iniziato solo da poco più che un ventennio a muoversi da soli perché il _ pregiudizio sociale e l’assenza di strutture riabilitative impediva la loro autonomia, è anche vero che molto resta ancora da fare in termini di sensibilizzazione e di miglioramento della qualità della vita. Forse questa iniziativa potrà rappresentare un passo ulteriore in questa direzione.
Daniela Floriduz

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